L’incredibile ascesa del talento altoatesino trova le sue spiegazioni anche nel percorso psicologico iniziato con un vero guru
Un 2023 da sogno. Fatto di tre titoli, equamente divisi tra tornei 250, 500 e 1000 – quest’ultimo messo in bacheca per la prima volta in carriera, in quel di Toronto due giorni prima di Ferragosto – e di tabù infranti. Il più importante proprio nell’ultimo atto di Pechino, quello che gli ha consegnato il nono titolo di una carriera che è ancora all’inizio. Jannik Sinner ha battuto Daniil Medvedev, sua autentica bestia nera, che lo aveva sconfitto nei sei precedenti intercorsi tra i due.
Ma cosa c’è dietro l’impetuosa crescita di un ragazzo sul quale anche parecchi addetti ai lavori avevano iniziato a temere che restasse solo un talento incompiuto? Certamente la bontà di alcune decisioni – ci riferiamo sopratuttto alla scelta di partecipare a quel torneo piuttosto che ad un altro – nonché una gestione oculata del suo fisico (in questo senso anche la rinuncia alla Coppa Davis di metà settembre deve essere necessariamente letta in altro modo).
Poi ci sono gli aspetti prettamente tecnici, rivelati dal suo stesso coach Vagnozzi, con l’anticipata (rispetto al programma originario) introduzione del servizio con la tecnica ‘Foot Up’, rispetto al precedente ‘Foot Back’. E poi c’è la testa. Per molti l’aspetto che un tennista deve curare maggiormente se vuole stazionare nei piani altissimi del Gotha mondiale. Il portale Eurosport ha intervistato Riccardo Ceccarelli (membro dello staff di Jannik), che ha svelato il lavoro del centro Formula Medicine sul tennista azzurro.
“Determinato e maturo”: il segreto di Sinner spiegato dal guru
Medico dello sport che da 30 anni si occupa degli aspetti psicologici dei piloti di Formula 1, e che dirige a Viareggio “Formula Medicine”, centro all’avanguardia per il mental training, ha iniziato a collaborare col nativo di San Candido quando questi era ancora legato a Riccardo Piatti. La partnership si è rafforzata col passaggio allo staff di Simone Vagnozzi, con una collaborazione spiegata anche tecnicamente dallo stesso Ceccarelli.
“Con Jannik, come con gli altri atleti, lavoriamo molto su quella che noi chiamiamo “self awareness”, cioè lo sviluppo di una profonda conoscenza di se stesso“, ha esordito il medico. “Inoltre lavoriamo sul concetto e sulla gestione dell’automatismo e della elaborazione cognitiva perché la prima rappresenta l’istinto della giocata, collegata ad una reazione che scatta in pochi centesimi di secondo, mentre la seconda concerne l’elaborazione della tattica di gioco“, ha proseguito.
“Solo così si impara a conoscere come funziona il proprio cervello, esattamente come ha detto Jannik dopo il successo a Pechino. In questo aspetto raramente ho visto un ragazzo così determinato e maturo, nonostante la giovane età. Se questo percorso sta dando dei frutti gran parte del merito è suo, perché è disposto a mettersi in discussione per raggiungere i suoi obiettivi”, ha concluso Ceccarelli.